martedì 13 gennaio 2015

Editoriale n. 6



«Forse, forse l'oblio...»

Su questo numero della rivista pubblichiamola prima parte di un'antologica di un poeta francese inedito in Italia, Lionel Bourg, che ci ha colpito per la visceralità della sua ispirazione e per il confronto serrato con la dimensione, in senso lato, politica della nostra esistenza, quella che riguarda le nostre responsabilità rispetto a tutto ciò che ci accade intorno. Lo indichiamo all'attenzione degli editori italiani.

A Benevento si è svolto tra il 17 e il 26 giugno la IV edizione di InChiostro, rassegna di poesia e creatività multimediale, che ha visto, tra l'altro, la presenza di Paola Rago, Pasquale Sica e di Gianni D'Elia (che ci ha donato un inedito, pubblicato all'interno, a ricordo della memorabile serata). Ci auguriamo che questa manifestazione ‑ allo stato attuale l'unica che si interessi di poesia nel Sannio ‑ possa continuare il suo cammino: negli anni passati grazie ad essa abbiamo potuto conoscere ed ascoltare tante voci della poesia contemporanea italiana. Ci siamo però chiesti a lungo dove fossero i (sedicenti) poeti beneventani e, soprattutto, i tanti "intenditori" che riempiono i nostri giornali di rubriche e recensioni di poesia.

Il 4 giugno la rosa necessaria in collaborazione con L'ALTRiTALIA ha presentato a San Martino Valle Caudina una lettura di testi dedicati ad una questione cruciale del nostro tempo: la memoria. Ancora una volta vogliamo esaltare questo momento centrale dell'esperienza umana, che non deve essere solo un momento individuale (che spesso sfocia nella colpa o nella ricerca delirante del tempo perduto) ma deve essere, in qualche modo, un dovere civile, uno dei modi che ci sono dati per progettare il nostro futuro. Il nostro tempo, che preserva tutto il vissuto con le sue «protesi cerebrali al silicio», sembra soffrire di una patologica mancanza di passato e radici. La poesia ha dimora salda, malgrado tutto, in una casa dei doganieri, dove finalmente anche i fantasmi possono ricordare.

Forse, forse l'oblio sopra la terra come una coppa
può favorire lo sviluppo e alimentare la vita
(chissà), come l'humus oscuro nel bosco.

[...]
I miei occhi non sono venuti a mordere oblio:
le mie labbra s'aprono su tutto il tempo, e tutto il tempo,
non solo una parte di esso, m'ha consumato le mani.

Per questo ti parlerò di quelle pene che vorrei allontanare,
ti costringerò a vivere ancora una volta fra quelle bruciature,
non per soffermarci come in una stazione, alla partenza,
e neppure per battere la fronte contro la terra,
né per riempirci il cuore d'acqua salata,
ma per camminare sapendo, per toccare l'onestà
con decisioni infinitamente gravide di significato,
perché il rigore sia una condizione della gioia,
perché in tal modo possiamo essere invincibili.

(Pablo Neruda, da Canto generale, "La terra tradita", in Poesie, Sansoni,1962, p. 307)

Nicola Sguera

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