martedì 14 ottobre 2014

Copertina n. 5




Io sono la rosa; incanto
l'aria, tremo sulle spine;
selvaggia mi tiene il pianto
d'inverno tra acute brine.
La man, che in Dicembre mi coglie
la cruda mia vita discioglie.

Io, prigioniera del gelo,
qui giaccio sul tetro banco,
purpurea confitta allo stelo
che si ripiega già stanco...

C. Betocchi

Il numero 5 della rivista presentava in copertina questi versi tratti dalla poesia La rosa venduta d'inverno di Carlo Betocchi.
Questo è il sommario del numero:

Sommario


Editoriale 
Sachsenhausen

Proposte
L'ideologia di Umberto Saba attraverso le figure femminili del Canzoniere 
di Caterina Cruciani

Rilke e le sue Lettere a un giovane poeta 
di Marco Cardinali
Su libellule, trii, capelli di fuoco di legna, ecchimosi degli Esquimesi ed altre cose 
di Antonio Romano

Invito alla lettura
Ottiero al supermarket 
di Ciro Di Maria

Nel nome dell'amore: Nazim Hikmet 
di Tiziana Antonilli

Speciale

Nyman, o dei suoni aperimetrali 
di Vincenzo Pellegrini

La finitezza dell infinito 
di Giovanni Rossetti

Appunti variabili

Circostanze e cronachette 
di Rito Martignetti

La poesia

II poeta sospeso (Mémoire di A. Rimbaud) 
di Sebastiano Aglieco

Editoriale n. 5



Sachsenhausen

Luigi Pintor ha intitolato il suo libro di memorie Servabo (Bollati-Boringhieri, 1991), futuro d'un verbo latino «che può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede, o anche servirò, sarò utile». In un periodo dominato dalla volontà di dimenticare ci sembra necessario questo richiamo.
Non a polemiche giornalistiche stiamo assistendo in questi mesi, ma alla progettazione di un futuro che per giustificarsi ha bisogno di una determinata lettura del passato prossimo.
Anche la poesia, per come la intendiamo noi, si riconosce in quel monito: conservare ed essere utile. E alta poesia ci è parso il film di Spielberg Schindler's list che per una volta ha messo una possente macchina spettacolare al servizio di una giusta causa.
Ognuno di noi ha da riscoprire radici, ha da fare scelte dolorose.

Nel vero anno zero

Meno male lui disse, il più festante: che meno male c'erano tutti. 
Tutti alle Case dei Sassoni - rifacendo la conta. 
Mai stato in Sachsenhausen? Mai stato. 
A mangiare ginocchio di porco? Mai stato. 
Ma certo, alle case dei Sassoni. 
Alle Case dei Sassoni, in Sachsenhausen, cosa c'è di strano? 
Ma quante Sachsenhausen in Germania, quante case. 
Dei Sassoni, dice rassicurante 
caso mai svicolasse tra le nebbie 
un'ombra di recluso nel suo gabbano. 
No non c'ero mai stato in Sachsenhausen.

E gli altri allora - mi legge nel pensiero -
quegli altri carponi fuori da Stalingrado 
mummie di già soldati 
dentro quel sole di sciagura fermo 
sui loro anni aquilonari...dopo tanti anni 
non è la stessa cosa?

Tutto ingoiano le nuove belve, tutto -
si mangiano cuore e memoria queste belve onnivore. 
A balzi nel chiaro di luna si infilano in un night.

(Vittorio Sereni, Gli strumenti umani, Einaudi, 1975, p.78)


Sachsenhausen: è il nome di un quartiere di Francoforte sul Meno; ma anche di una località a una ventina di chilometri da Berlino nella quale, già nel '33, fu allestito il primo campo di concentramento nazista.

Luca Rando e Nicola Sguera



(Editoriale, n. 5, aprile 1994)

martedì 7 ottobre 2014

D'Elia - L'inedito




Gianni D'Elia

APPENDICE ALLA «NOTTE»: UNA STELLA

Ma ai giorni della scena
che stretti ci tiene
a una lontana Vela
su un mare di fiele

Amore, in tanta pena
che lume d'attesa
nel cogliere brucianti
alla privata presa
barlumi degli istanti

E che pensieri riarsi
nella città irreale,
che spersi passi e sguardi
nella notte che sale...

(1993)


(«la rosa necessaria», n. 4, febbraio 1994, p. 2)

lunedì 6 ottobre 2014

Copertina n. 4



E in giorni opachi, arsi, senza stile,
non sono che cinque piccole rose;
amiche sí tanto da apparire oziose
a un sole, e da un rossore mai divise...

E pur scontente di sé, nel profondo,
a ricevere il proprio sonno, a sfiorire;
un dono, ancor più grato e gentile,
le rese schiuse una sera nel mondo...

G. D'Elia


Questa poesia, tratta da Segreta di Gianni D'Elia, a cui era dedicato un approfondimento, era la copertina del numero 4 della rivista. Il progetto grafico rimarrà inalterato fino al numero 11.

Questo è il sommario del numero:


SOMMARIO

Editoriale 
«Una tenuta grandiosa»


POETI ITALIANI CONTEMPORANEI: GIANNI D'ELIA

L'inedito 
Appendice alla «Notte»: Una stella di Gianni D'Elia

L'onestà morale della poesia: Non per chi va 
di Gianfranco Biancofiore

«Tra invettiva e preghiera»: la poesia di G. D'Elia 
di Luca Rando e Nicola Sguera

Bio‑bibliografia


Appunti Variabili
Topografia poetica di Rito Martignetti

La poesia
L'esperienza sensibile del nulla (Alla sera) di Pao
la Caruso  

Editoriale n. 4



«Una tenuta grandiosa» 

«Sembra che anche il poeta di questo secolo sia passato dall'ordine della necessità a quello della probabilità, poiché i fatti che sceglie non sono più determinati e esemplari, ma probabili e non garantiti da nessuna legge assoluta e inderogabile. E così anche gli sguardi non sembrano più appartenere a un osservatore privilegiato, ma ad uno che guarda e vede portando degli esempi, tanto per spiegarsi».

Queste parole che D'Elia ha scritto parlando della poesia di Zanzotto (Sguardi poetici di Zanzotto, «il manifesto», 29 giugno 1990), ci sembra delineino perfettamente il panorama della poesia contemporanea la quale, perso ogni punto di riferimento, si aggira nel campo del possibile, cercando un proprio luogo di azione. Alla ricerca di questo luogo essa o approda ad un ritorno al sentimentalismo, richiudendosi nell'io personale del poeta, o ritrova il contatto col mondo, cosa che, nel suo piccolo, anche la nostra rivista si propone come obiettivo.
Con questo quarto numero si conclude la ricerca sull'opera poetica di Gianni D'Elia. Anche per la copertina abbiamo scelto una sua poesia tratta dalla raccolta Segreta.
Siamo orgogliosi di aver ricevuto in dono dal poeta un inedito che pubblichiamo all'interno.
Vorremmo che questa rosa divenisse necessaria per sempre più persone, e per questo rinnoviamo l'invito a quanti sono interessati di scrivere su queste pagine.
Ci piace concludere con. le parole di Gian Luigi Beccaria su Giorgio Caproni, ma che è possibile estendere all'idea che noi abbiamo di poesia, la sua tenuta grandiosa:

«La poesia ha di fronte a tanto inesauribile cancellarsi, oggi, di identità individuali e collettive, di fronte al progressivo sgretolarsi di ogni etica personale e comunitaria che sta minando nel profondo la nostra cultura e la nostra civiltà una tenuta grandiosa. E poi mi conferma [...] che la poesia è quanto di meno irrilevante, di più terrestre e di maggior tenuta circoli ora tra gli uomini; oggi più che mai in una civiltà che promuove invece il rovescio, l'oggetto di rapido consumo, l'oggetto-lusso, l'oggetto destinato a cambiare, destinato ad essere utilizzato, il più inutile (la poesia appunto) è proprio quanto continua a restare, quello che è cambiato di meno [...] di tutti gli oggetti il meno provvisorio» («Grande stile» e poesia del Novecento, in Le forme della lontananza, Garzanti, 1989, p.30).