martedì 1 gennaio 2019

Editoriale n. 12



Gradini

La nostra rivista, conservando la sua connotazione originaria, raggiunge un traguardo importante: da ora in poi uscirà dai tipi dell'editore beneventano Kat. Per noi ciò vuol dire da una parte il riconoscimento di un lavoro serio svolto in questi anni, dall'altra la possibilità di allargare il nostro pubblico, grazie ad una distribuzione più capillare. A questa novità se ne aggiunge un'altra: la presa d'atto che oramai «la rosa necessaria» non è più soltanto una rivista di poesia, come alle origini, ma un luogo d'incontro di discipline e arti diverse, dalla musica alla filosofia. Per questo motivo abbiamo deciso di cambiarne l'intestazione.
In questo numero la poesia, però, fa ancora la parte del leone (con interventi su Adonis, Ingrao e De Angelis). Il lungo articolo di apertura è un omaggio ad Erri De Luca, una delle voci della narrativa italiana odierna più originali e sincere.
Questa rivista intende continuare ad avere una doppia anima: una proiettata su quanto accade in Italia e nel mondo, nella consapevolezza che la provincia non coincide con l'emarginazione culturale, ma che anzi la minore interferenza della "chiacchiera" possa favorire la riflessione e l'approfondimento; un'altra anima, invece, attenta a quanto accade nella nostra dimensione quotidiana, dove una città cerca di liberarsi dal suo torpore, sprigionando energie nuove.
È indubbio che nell'ultimo anno Benevento ha vissuto un risveglio dal punto di vista della produzione artistico-culturale e, soprattutto, della sua fruizione. Sono nati gruppi e associazioni che hanno rivitalizzato l'ambiente con proposte diverse in tutti i campi. Vorremo che in tutti ci fosse la consapevolezza che ciò deve ripercuotersi nella vita di ogni giorno, in un miglioramento complessivo delle condizioni di vita di tutti. Che la cultura e l'arte diventino civiltà, sia attraverso la denuncia delle ingiustizie e delle storture, sia attraverso la proposta di "vite" alternative. L'incontrarsi a teatro per partecipare ad un evento collettivo, la lettura ad alta voce di poesie, il passeggio attento tra quadri e sculture non siano un'oasi nel deserto. La separatezza conduce alla morte sia la cultura, che diventa, come troppo spesso è accaduto nella nostra storia, arcadia, sia la società che perde in motivazioni ideali, in direzionalità, riducendosi ad essere consumo, a riprodurre il processo biologico di assimilazione ed espulsione. Con molto piacere, dunque, abbiamo recensito il libro di poesie di Pietro Ingrao, uno straordinario esempio di coerenza etica e politica, attento anche ad un linguaggio "altro".
Ciò che connota il mondo occidentale è la stanchezza, un senso di estenuazione che si collega simbolicamente alla fine del millennio che incombe. Ma noi possiamo sempre dare un nuovo inizio: le arti sono testimonianza di questa inesausta capacità di rinnovamento che dobbiamo essere in grado di innestare anche in una politica intesa come libertà:

Gli uomini sono fatti per intendersi
Per comprendersi amarsi
Hanno figli che saranno padri d'uomini
Hanno figli senza casa senza patria
Che reinventeranno le case
Che reinventeranno gli uomini
E la natura e la patria
Quella di tutti gli uomini
Quella di tutti i tempi

(Paul Eluard, La morte l'amore la vita)

Queste pagine vogliono essere testimonianza di tale possibilità.

Nicola Sguera

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