sabato 3 agosto 2019

Editoriale n.15



Tutto fortunatamente è niente

Non c'è nessuna ragione per ricordare i poeti quando, come si usa dire, sono morti o ci hanno lasciato o peggio ancora se ne sono andati. La dannazione dell'esistere nei loro canti rende superfluo, inutile e del tutto senza senso il ricordo. Ecco perché con Dario continuo a dialogare, a ridere, ad ascoltarlo e farmi ascoltare. Nei luoghi più impensati ed impensabili. Sulla poltrona nel salotto, in auto, giù in campagna, in cucina o nel letto. Continuiamo in un modo nell'altro ad inventarci la vita, nonostante la morte.
E tutto ciò potrebbe essere vero. Ma è terribilmente falso. Non è neanche retorico. È solo melmoso.
In realtà si muore, e le parole rischiano di sbiadirsi, inabissarsi, e la poesia di migrare fino a perdersi ed annullarsi. Muoiono i poeti. Ma muoiono essenzialmente per sottrazione, cancellazione e negazione della vita. Come per tutti. E ciò li rende più vicini, più umani. Ecco perché non riesco a ricordare Dario ma so che non c'è più. Chissà cosa mi manca. O forse è un continuare ancora, in un mutato rapporto di tempo, a cercarci e ritrovarci solo nei versi affinché almeno la poesia sopravviva quel tanto che basta.

c'è , un tempo oltre il quale
noi iniziamo il conto dei giorni
Non fummo noi a negarlo...
Dio ci abbandonò all'equivoco destino del mondo
per sperimentare su di noi
la sua libertà senza ragioni, più che senza fine.
Scavammo con le parole nella sua anima di pietra
trovando ciò che nessuna sa e vede
ed alla fine ebbero ragione finanche i giocolieri tuoi avversari
bravi a danzare sulle funi tese
come neanche gli angeli sanno fare o immaginare

E cancellata è la sera
in cui ci divertimmo ad improvvisare storie
ridendo... ridendo
e non è esistito mai
il percorso
ove negavamo ciò che fummo o saremmo stati
forse.

e quando ritornai a vivere nella mia tana
lasciando tutto
sapevamo che ciò era solo l'inizio

e sono felice finalmente
né mi aspetti, né mi ricordi, né ti cerco
TUTTO FORTUNATAMENTE È NIENTE ...
quando ho saputo della tua non voluta partenza ho letta la storia
di Buddha, gli scritti di San Francesco ed altre ed altre cose...

Ciò che ci fu sorridere e ci diverte ancora
nelle lontananze al di fuori di noi in cui viviamo
è il fatto assurdo e naturale
che la vita ci ha dato molto, molto di più
di ciò che ci spettava: solo la vita.

Quando si sommano gli anni, e non sono pochi, si finisce per cadere nella peggiore banalità possibile. Si inizia non più a vivere ma a giudicare. Una sorta di acquisito diritto ad indicare le direzione ed i percorsi su cui gli altri dovranno, chi sa per quale ragione, consumare giorni ed anni. I poeti sono come tutti gli uomini. Si odiano, non si stimano, talvolta si ignorano. E spesso sono cattivi maestri. Li salva solo la poesia. Un miracolo continuo. Così ritornano al mondo come testimoni di una inquietante diversità. Per questo....

ti presento i giovani rivoluzionari di un piccolo paese
che crede di essere il centro del mondo
come tutti i piccoli paesi
la povertà non li sfiora
sono a ripetere i sogni degli altri
come le vecchie
il rosario nella chiesa sempre bella e semibuia
e come loro aspettano un paradiso che non c'è

si imbrattano allora
la nuda e porosa anima dei desideri e dei sogni
con il perduto sguardo degli altri
e salgono su sgabelli inesistenti.
Beati loro
che hanno ancora un conto aperto con la vita
come se non fossero mai natie vissuti
sento, con forza, il disgusto della distribuita pienezza dello spazio

Ora ti saluto
tu puoi sapere, forse,
chi salirà sulle nuvole che il tramonto muta in fuoco
per ritrovare i figli perduti o mai nati
il fiume è acqua, è pietra, muschio melma rottami, rifiuti, erba
parti di cielo
e canti di rane, dolci canti di rane,
che altri odiano
per voluta incapacità
a riconoscere i suoni della notte...

Sono nella camera che dà sullo spazio sporco e nerastro del terminal, da cui si vede l'orribile palazzo che sembra un vomitevole ospedale. E subito dopo c'è il fiume, e poi le colline e dopo... il cielo e sento rumori di auto in continuazione e risento, in modo ossessivo, gente che parla, vocifera, bisbiglia, urla. Gente che parla. Che parla. Comizi, convegni, tavole rotonde, incontri. E che parla, parla. Balbetta. Bisogna liberare le parole dalla pesante e soffocante inutilità cui le hanno costrette. Prima che le parole si liberino di noi. In definitiva ....

bisogna trovare quel tempo mai trovato
in cui anche la poesia è superflua
per impossessarci tutti
tutti
della disperata felicità del canto.

Mario Parente

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