martedì 6 agosto 2019

Editoriale n.20



Il luogo della rivoluzione


Dove accade dunque la rivoluzione del mondo? Dove sta già accadendo? Dov'è che la mezzanotte del mondo, culminando, rovescia questo annottamento in una lenta crescita del giorno?
Se il mondo non è innanzi tutto una realtà a me esterna, ma sgorga originariamente con me come tempo (esistenza e storicità), si potrebbe trattare forse di compiere un lavoro interno, interiore.
Si potrebbe dire: la rivoluzione del mondo è un evento interiore, non è fuori, non è un fatto politico, ma è dentro di me, e attualmente ci sono moltissime vie di fuga in questa direzione, dopo la crisi delle ideologie.
Si tenta dunque una rivoluzione interiore.
Molti spiritualismi, molte ricerche a Oriente, molti recuperi anche sani di spiritualità occidentale, molta psicanalisi è connessa con questo moto di rifiuto della storia e dei suoi fallimenti. Ma quando diciamo ‘dentro', ‘rivoluzione interiore', c'è da chiedersi: interiore a che cosa?
Questo pensare che si possa fare una rivoluzione `dentro', non ripristina proprio l'essere fuori del mondo, l'esternità del mondo oggettivato, quella disgiunzione troppo netta tra dentro e fuori, tra anima e mondo, che è proprio ciò da cui in qualche modo vogliamo invece liberarci, come da un pregiudizio?
Anche questi riflussi all'interno mi sembrano destinati al fallimento, perché anch'essi sembrano non lavorare sul punto giusto della metamorfosi, sbagliano mira: non operano nella dimensione [...] in cui interno ed esterno fioriscono e mutano insieme, in cui io e il mondo ci rinnoviamo continuamente insieme e in cui ora è in atto la rivoluzione. Potremmo dire che questi spiritualismi vadano dentro, ma non fino in fondo, non fino a sforare nel più intimo dentro che è fuori, che è l'aperto mondo [...]. 
Noi viceversa cerchia mo una zona, una dimensione interiorissima che però sta già da sempre fuori, mondo, gli altri. Una dimensione per sua natura dentro-fuori (né solo dentro né solo fuori) [...].
Ecco, se ci pensate molto semplicemente, questa dimensione è il linguaggio, è il nostro linguaggio [...]. Questo luogo in cui non si dà l'io senza il mondo e non si dà mondo senza l'io che lo pronuncia è il linguaggio».

Marco Guzzi, L'uomo nascente, Red edizioni, 1997, pp. 25-26
 

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