Il luogo della rivoluzione
Dove accade dunque la rivoluzione del mondo? Dove sta già
accadendo? Dov'è che la mezzanotte del mondo, culminando, rovescia questo
annottamento in una lenta crescita del giorno?
Se il mondo non è innanzi tutto una realtà a me esterna,
ma sgorga originariamente con me come tempo (esistenza e storicità), si
potrebbe trattare forse di compiere un lavoro interno, interiore.
Si potrebbe dire: la rivoluzione del mondo è un evento
interiore, non è fuori, non è un fatto politico, ma è dentro di me, e attualmente
ci sono moltissime vie di fuga in questa direzione, dopo la crisi delle
ideologie.
Si tenta dunque una rivoluzione interiore.
Molti spiritualismi, molte ricerche a Oriente, molti
recuperi anche sani di spiritualità occidentale, molta psicanalisi è connessa
con questo moto di rifiuto della storia e dei suoi fallimenti. Ma quando
diciamo ‘dentro', ‘rivoluzione interiore', c'è da chiedersi: interiore a che
cosa?
Questo pensare che si possa fare una rivoluzione
`dentro', non ripristina proprio l'essere fuori del mondo, l'esternità del
mondo oggettivato, quella disgiunzione troppo netta tra dentro e fuori, tra
anima e mondo, che è proprio ciò da cui in qualche modo vogliamo invece
liberarci, come da un pregiudizio?
Anche questi riflussi all'interno mi sembrano destinati
al fallimento, perché anch'essi sembrano non lavorare sul punto giusto della
metamorfosi, sbagliano mira: non operano nella dimensione [...] in cui interno
ed esterno fioriscono e mutano insieme, in cui io e il mondo ci rinnoviamo
continuamente insieme e in cui ora è in atto la rivoluzione. Potremmo dire che
questi spiritualismi vadano dentro, ma non fino in fondo, non fino a sforare
nel più intimo dentro che è fuori, che è l'aperto mondo [...].
Noi viceversa cerchia mo una zona, una dimensione
interiorissima che però sta già da sempre fuori, mondo, gli altri. Una
dimensione per sua natura dentro-fuori (né solo dentro né solo fuori) [...].
Ecco, se ci pensate molto semplicemente, questa
dimensione è il linguaggio, è il nostro linguaggio [...]. Questo luogo in cui
non si dà l'io senza il mondo e non si dà mondo senza l'io che lo pronuncia è
il linguaggio».
Marco Guzzi, L'uomo
nascente, Red edizioni, 1997, pp. 25-26
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