Sulla soglia di Luca RANDO
Sulla soglia del secolo che finisce, con le mille
contraddizioni che ancora l'accompagnano, le guerre, le assurde uccisioni,
quasi la banalità di morti con cui ogni giorno entriamo in contatto, senza che
ancora siano risolti quegli "enigmi tormentosi" che da sempre lo
compongono, ci sono ancora parole che servano? O non rimane che il silenzio?
«La parola è ambigua, ha detto Euripide, ma nulla
possiamo senza di essa. L'orrore muto, oscuro, innominato e innominabile, che
si traduce nel lamento dell'animale ferito, o nell'abitudine, in una stanchezza
che scivola verso la morte, nel momento in cui trova la parola diventa il polo
di una contraddizione: la sua disumanità si contrappone all'umanità sofferente;
il suo murmure muto si contrappone alle parole che cercano di stanarlo. Mala
parola ha anche un'altra chance. può trasmettere ad altri la mia esperienza,
può impedire che il mio dolore sia come non avvenuto. [...] Se l'uomo ha una
speranza, questa sta nella sua parola. Chi narra, descrive, comunica, trasmette
a una tradizione, si comporta come se all'uomo fosse data la speranza. In
qualche modo rende reale la speranza. [...]
Togliere le grandi parole che popolano gli incubi della
potenza e della violenza, significa appunto pensare le ragioni contrapposte,
anche di chi ci sta di fronte, anche di chi ora chiamiamo nemico. Togliere le
grandi parole significa ritrovare le parole che non parlano della delirante
certezza della vittoria o della liberazione del mondo, o della teodicea.
Significa trovare la parola ambigua, la parola povera che ci parla delle cose del
mondo».
(Franco Rella, Le soglie dell’ombra. Riflessioni sul
mistero, Feltrinelli,1994, pp. 149 -151).
Né la
Parola , dunque, né il Silenzio, ma silenzio e parola
«naturale, /abitata e usata,/ come l'aria del mondo» (J. A. Valente, La rosa necessaria).
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