martedì 6 agosto 2019

Editoriale n.21





Sulla soglia di Luca RANDO

Sulla soglia del secolo che finisce, con le mille contraddizioni che ancora l'accompagnano, le guerre, le assurde uccisioni, quasi la banalità di morti con cui ogni giorno entriamo in contatto, senza che ancora siano risolti quegli "enigmi tormentosi" che da sempre lo compongono, ci sono ancora parole che servano? O non rimane che il silenzio?

«La parola è ambigua, ha detto Euripide, ma nulla possiamo senza di essa. L'orrore muto, oscuro, innominato e innominabile, che si traduce nel lamento dell'animale ferito, o nell'abitudine, in una stanchezza che scivola verso la morte, nel momento in cui trova la parola diventa il polo di una contraddizione: la sua disumanità si contrappone all'umanità sofferente; il suo murmure muto si contrappone alle parole che cercano di stanarlo. Mala parola ha anche un'altra chance. può trasmettere ad altri la mia esperienza, può impedire che il mio dolore sia come non avvenuto. [...] Se l'uomo ha una speranza, questa sta nella sua parola. Chi narra, descrive, comunica, trasmette a una tradizione, si comporta come se all'uomo fosse data la speranza. In qualche modo rende reale la speranza. [...]
Togliere le grandi parole che popolano gli incubi della potenza e della violenza, significa appunto pensare le ragioni contrapposte, anche di chi ci sta di fronte, anche di chi ora chiamiamo nemico. Togliere le grandi parole significa ritrovare le parole che non parlano della delirante certezza della vittoria o della liberazione del mondo, o della teodicea. Significa trovare la parola ambigua, la parola povera che ci parla delle cose del mondo».

(Franco Rella, Le soglie dell’ombra. Riflessioni sul mistero, Feltrinelli,1994, pp. 149 -151).

la Parola, dunque, né il Silenzio, ma silenzio e parola «naturale, /abitata e usata,/ come l'aria del mondo» (J. A. Valente, La rosa necessaria).

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